Ott
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Il “profondo”: abisso senza fondo

Posted by Taianokai on Ottobre 4, 2011

Le Edizioni Mediterranee 2011 hanno pubblicato il libro di John Stevens LO ZEN, L’ARCO, LA FRECCIA. Nella parte conclusiva della Premessa, è scritto:

«Può accadere che anni e anni di pratica possano far demoralizzare – seppur per breve tempo – anche il più ardito dei praticanti, ma occorre sapere che, anche a nostra insaputa, qualcosa comunque accade nel nostro profondo, ed è sufficiente aver avuto anche la più pallida delle esperienze, in conseguenza della pratica costante, per avere la certezza che tale cambiamento sia avvenuto. Dove c’è fumo c’è fuoco. Dove c’è un seme nascerà prima o poi una pianta e ciò è inevitabile. Sta a noi, quindi, farla crescere bene».

In primo luogo ci sembra che il quadretto naturistico qui sopra riprodotto sia eccessivamente determinista,  e per di più testimoniante una mancanza di competenza circa il  Bushido. E già, perché il Kyudo, cioè il Tiro con l’Arco giapponese, o è Bushido o non è, mentre la semantica del passo citato (anche se in precedenza si nomina lo Zen) fa sospettare che l’Autore abbia in mente altro, e che questo altro finisca per mettere in secondo piano il Bushido, anzi a trascenderlo sino a dimenticarlo. Come dire: «pratichiamo il Kyudo ma non parliamo di Bushido» (sic).

In secondo luogo non è per nulla scontato che dalla «più pallida delle esperienze» debba trarsi «la certezza» che un «cambiamento sia avvenuto»; infatti, è ben noto, o dovrebbe esserlo, come l’ambito delle «esperienze» che hanno luogo «nel nostro profondo» sia un ginepraio dal quale è meglio tenersi alla larga. Il «profondo»: parola che dice niente, un abisso nel quale ognuno vede ciò che vuole e che spesso, per non dire sempre, fa montare in superbia. Del resto, non è un caso che dalle acque del «profondo» emergano frotte di “maestri”, di “luciferi”, di “guide spirituali”, in una parola, di ciarlatani. Chi “ha” un’esperienza subisce ipso facto la scissione tra esperiente ed esperito. L’esperienza nel «profondo» è  un fenomeno magnetico, un’apparenza che at-trae e quindi dis-trae dal QUI ED ORA che, secondo il Bushido, è l’UNICA  REALTÀ. “Avere” un’esperienza «nel nostro profondo» alimenta l’ego-centro che, più subdolamente di quanto non si creda, fa montare in orgoglio nei confronti di chi “non ha avuto” tale esperienza, la cui “interpretazione”, neanche a dirlo, se la canta, se la suona e se la vende il visionario ciarlatano di turno.

Invece il Bushido, e quindi anche il Kyudo, è proprio la Non-esperienza; è l’assenza di uno schermo su cui possa proiettarsi il fenomeno, l’apparenza, cioè l’esperienza (e la sua interpretazione). Il Bushido è la Chiarezza nell’ATTIMO PRESENTE in cui l’esperienza – in fin dei conti una lordura – non può attecchire; è l’Immediatezza che taglia alla radice Shoji no mayoi, l’errore-illusione (l’esperienza!) di vita e morte. Questo è Bun, la Teoria o Spirito, che ha da essere incarnata attraverso Bu, la Prassi o Uso dell’Arma: Bun Bu Ryodo, la Doppia Via dello Spirito e dell’Arma, del Pennello e della Spada.

Bun Bu Ryodo

«Il 13 febbraio del 3° anno Bunroku, mentre l’esercito era di guarnigione in Corea, il principe Nagamasa (Tamada) organizzò una caccia alla tigre. Una tigre balzò contro il cavaliere Masatoshi (di ventisette anni). Calmo, Masatoshi estrasse la spada e si voltò contro la tigre furiosa. Un colpo di spada e l’animale piombò ruggendo al suolo. Ancor prima che la tigre toccasse terra egli le staccò la testa di slancio. Se non fosse stato lui così ardito e la spada così affilata, Masatoshi non avrebbe avuto scampo».

Cronaca Kanshi, vol. XV

Ecco illustrato con mirabile sintesi lo spirito del Bushido: nessun psicologistico  «profondo» e nemmeno «la più pallida delle esperienze»; nessun sukima, intervallo, interstizio, fessura, vuoto, iato in cui possa insinuarsi l’esperienza, il fenomeno, l’apparenza, bensì calma, arditezza, azione folgorante, interazione non duale nel QUI ED ORA per aderenza e adattamento ad ogni situazione: tsune ni itte kyu ni awasu.

La sfera indica con precisione la costituzione del Bushi (come di ogni vero Uomo): nessuna scissione e quindi assoluta omogeneità tra profondità e superficie; ura, l’interiore, è come omote, l’esteriore. La sfera è PRESENZA indefettibile e onnipervadente che rende impossibile (e sconsigliabile, vista la tigre!)  qualsivoglia dis-traente “esperienza nel profondo”.

Ed è appena il caso di precisare come la legge dell’omogeneità omote-ura faccia sì che, per portare un esempio deprecabile, un ladro e mentitore – l’antitesi del Bushi – sia tale tanto interiormente quanto nel suo comportamento esteriore da sagishi, imbroglione.

Infine, le frasi con preteso effetto evocativo, dunque magico, sembrano mancare di una consapevolezza, seppur minima, del rovescio della medaglia: non sempre «dove c’è fumo c’è fuoco» poiché può esservi anche del bruciato; e non sempre «dove c’è un seme nascerà prima o poi una pianta» poiché il seme può marcire. Quindi anche il bruciato e il marcio possono allignare nel «profondo», magari esteriormente impaludati nel montsuki.

Per quanto osservato, riteniamo che come Premessa al libro di Stevens sarebbe stata molto più qualificata quella che segue, univoca e stringente, che esclude del tutto il «profondo», l’ermetico spazio in cui si librano gli auto-laureati in Occultismo.
«Coloro che maneggiano l’arco e le frecce devono comportarsi tenendo conto non solo del proprio onore, come è ovvio, ma anche di quello dei propri discendenti. Non devono essere causa di disgrazia eterna per un eccessivo riguardo verso la propria miserabile vita».

Shiba Yoshimasa (1349-1410) in Thomas Cleary (a cura di), La mente del samurai , Oscar Mondatori 2009.

Bushido no Kokoro, il Cuore del Bushido
irradia dal vero Arciere.

Tai-A no Kai