Ago
17

Il pellegrinaggio

Posted by Taianokai on Agosto 17, 2011

Il pellegrinaggio

È bene che in preparazione di un pellegrinaggio si ricordi ciò che di fondamentale lo rende significativo e assolutamente altro rispetto alla “gita” ed alla “visita culturale”.

« Il termine “pellegrinaggio” etimologicamente deriva dal latino peregrinare, ossia ire per agros : spostarsi di villaggio in villaggio attraverso i campi e non lungo le vie che in genere erano supportate da un minimo di attrezzatura di carrozze e di stationes per il vitto e l’alloggio. “Andare per i campi” evoca l’idea del disagio: per sentieri scomodi, sotto il sole, la pioggia,la neve, senza sapere cosa mangiare dove dormire. Quindi, già nel termine “pellegrinaggio” è racchiusa l’esigenza della penitenza per purificarsi dai propri peccati.
Il peregrinus era un viandante che attraverso i campi si recava a un luogo sacro, ove Dio si era manifestato con un evento prodigioso, la cui memoria era ancora viva. Dal momento in cui parte e fino al momento del ritorno, il pellegrino fa l’esperienza dello xénos, dello “straniero”. Il pellegrino è lo “straniero” alla ricerca del sacro, che è ben distinto dal semplice “forestiero”, che ha interessi turistici o economici e che assai spesso è bisognoso di protezione.
Per comprendere la natura del pellegrinaggio occorre ricordare che l’uomo è essenzialmente un nomade, un pellegrino nel tempo e nello spazio, non solo per scelta o per necessità, ma per natura. È quanto mai esatta l’antica definizione dell’uomo: homo viator.
Un grande testimone della spiritualità russa, Giovanni Kronstadt (1828-1908) alla domanda: “Che cos’è la nostra vita?” risponde: “Il cammino di un viandante” ».

Dal sito dell’Arciconfraternita si Sant’Antonio da Padova

Quindi la prima immagine del pellegrinaggio – il “cammino di un viandante” –  è costituita dalla vita di ciascuno: si nasce e si viene deposti nella culla, quindi si vive per un determinato e sconosciuto periodo tempo, e infine si muore e si viene deposti nella bara. Nell’intervallo di tempo intercorrente tra la culla e la bara si compie un cammino, un pellegrinaggio al quale, se non si vuole scadere al livello delle bestie prive del dono dell’Intelligenza, quindi del Ragionamento, della Riflessione e dell’Intuizione, di cui è depositario soltanto l’Uomo, occorre dare un significato, un senso, una direzione. Questo significato, questo senso, questa direzione, sono rappresentati appunto dal pellegrinaggio che, dalla propria casa (il Santuario Domestico sic!), si intraprende verso il Luogo Sacro, che, qui sulla terra, simboleggia il Santuario Eterno, la Gerusalemme Celeste, insomma la Casa di Dio. Quindi il pellegrinaggio “in orizzontale” che si compie dalla propria casa al Luogo Sacro rappresenta, o dovrebbe rappresentare, il cammino “in verticale”- dunque interiore – dalla Terra al Cielo, verificandosi qui uno dei significati, forse il più importante, della Croce. Dunque della Spada ! Nel nostro caso la Spada-Croce di san Galgano.
Nel pellegrinaggio è nascosto un potere trasformatore: l’homo vetus, l’uomo vecchio (la goccia), lascia lungo il cammino la zavorra delle scorie che lo invecchiano per ritrovare se stesso quale homo novus, l’Uomo nuovo (la perla).

«Partì la goccia dalla patria e tornò,
trovò la conchiglia e divenne perla».

Rumi, poeta persiano

Vale la pena di sottolineare come qui non si tratti di essere “credenti” o “non credenti”, poiché ci troviamo sul gradino dell’Intelligenza, quindi del Ragionamento, della Riflessione e dell’Intuizione, che precede quello della Fede. Che lo voglia o meno, che se ne accorga o meno, ciascun uomo compie un cammino dalla culla alla bara, un cammino che coinvolge la sua componente animale (il corpo) non meno che la sua componente spirituale (l’anima): un pellegrinaggio di cui non conosce la durata, costellato di fatiche, irto di incognite, scandito dalle sue libere (?!) scelte: sono questi gli elementi inopinabili che interpellano l’Intelligenza dell’Uomo, che non può, pena il suo scadere a livello sub-animale, non porsi la domanda unica: “che senso ha la mia vita?”, ovvero le tre filosofiche domande: ”chi sono, da dove vengo e dove vado?”. E già: soltanto l’Uomo può porsi tali domande, certamente non le bestie; soltanto l’Uomo, poiché dotato di Intelligenza (dunque di un’Anima pensante) e non soltanto di corpo, ha facoltà di ragionare, di riflettere, di intuire (usando lo Specchio!) il senso della propria vita, certamente non le bestie; e se l’Uomo non si pone tali domande e non usa lo SPECCHIO…

Un’ultima, importantissima notazione: l’esercizio delle Virtù, che eventualmente si decide di intraprendere lungo il pellegrinaggio della vita, ha senso soltanto nell’ottica della CONTINUITÀ, quindi considerando la morte come transito-trasformazione della vita (ciò che avviene almeno virtualmente entrando nel Santuario a compimento del pellegrinaggio) e non come una interruzione definitiva che sfocia nel nulla, allucinazione materialistica, questa, da cui erompe il relativismo morale che cancella (o addirittura inverte!) la distinzione fra bene e male come pure fra giusto ed ingiusto: che differenza c’è tra la Virtù e il Vizio se le azioni del virtuoso e del viziato saranno ingoiate dal nulla e perciò non avranno conseguenze in un post mortem? Se non c’è una continuità della vita oltre la morte, nella quale ci si porta dietro, in positivo o in negativo, la RESPONSABILITÀ di ciò che si pensato e fatto durante il cammino dalla culla alla bara, che differenza c’è, ad esempio, tra un missionario che aiuta i morti di fame in Africa vedendo in essi il volto del Cristo sofferente, magari rimettendoci anche la pelle, e un mascalzone che intrallazza impunito a spese dei suoi simili? Che differenza c’è tra le azioni dell’uno e dell’altro se in ogni caso andranno a finire del nulla e quindi rimarranno senza conseguenze? L’Intelligenza di cui è dotato l’Uomo gli  permette di accantonare senza indugio l’ipotesi del nulla, che, tutto ingoiando, tutto rende senza una reale responsabilità, quindi senza significato, senza senso, senza direzione.

Dettaglio di un’incisione raffigurante la Gerusalemme celeste in una Bibbia medievale.

Fonte: www.terrasanta.net